Paesi ricchi sprecano cibo che potrebbe nutrire le nazioni più povere. Questa realtà è ormai entrata a far parte della consapevolezza dell’opinione pubblica. Ma quando si cerca di andare oltre gli slogan e di capire cosa è lo spreco alimentare, come viene quantificato, quali sono le sue cause e i rimedi che potrebbero modificare la situazione, tutto si fa più confuso.
Cosa si intende per spreco alimentare?
- Food losses, ossia le perdite che si determinano a monte della filiera agroalimentare, principalmente in fase di semina, coltivazione, raccolta, trattamento, conservazione e prima trasformazione agricola;
- Food waste, ossia gli sprechi che avvengono durante la trasformazione industriale, distribuzione e consumo finale.
La distinzione è cruciale, perché spesso, quando si citano i numeri dello spreco, non si fa differenza e si attribuisce al consumatore finale una quantità di spreco che sembra lontana dalla realtà, e che arriva al 30% circa; in altre parole, è come se – crisi o non crisi – ciascuno buttasse nella spazzatura un terzo di ciò che acquista, il che appare francamente poco credibile.
Come se ne esce? Oltre all'impegno della politica e dei vari attori della filiera agroalimentare, i consumatori (ovvero noi) possiamo:
- interpretare correttamente le etichette degli alimenti--> dove è scritto "da consumare preferibilmente entro il", non è necessario buttare il prodotto nel giorno esatto di scadenza (uno yogurt scaduto da due giorni è buonissimo e non fa male)
- preparare porzioni meno abbondanti (tanto nei ristoranti quanto a casa) - il motto "alzarsi da tavola con un po' di fame" ci insegna proprio questo!
- pianificare meglio gli acquisti (troppo spesso indotti da offerte promozionali)
- conservare il cibo adeguatamente --> mettere la frutta in frigo (in sacchetti di carta per facilitare la traspirazione) permette di conservarla più a lungo
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